Associazione Culturale
i 4 Colori Primari

Nadia Petraitiene

Tra pittura e realtà

Nadia Petraitiene arriva dodici anni fa in Italia dalla Russia, e con sé porta tutta la dolcezza che la caratterizza nonostante si riscontri presto in lei una personalità decisa e ben determinata.

Dai suoi lavori riemergono, oltre che una precisione accademica, frutto di studi trascorsi in Lituania dove laureatasi insegna Storia dell’Arte, quei colori lontani e vicini dalle tonalità mediterranee, talvolta intrise di vaga e impenetrabile malinconia: la sua produzione varia da quella del paesaggio naturale, per poi cogliere gli aspetti più intimi e pittoreschi di certi paesaggi urbani, altrimenti trascurati dal vissuto quotidiano, intervallati stilisticamente da apprezzabili acquarelli, le cui Natura Morte, Nadia fa davvero rivivere, attraverso la trasparenza e la fluidità delle sue tenui pennellate. Il genere tuttavia che più appassiona questa artista, è il ritratto, quasi a voler fermare la mutevolezza dei tratti e dunque del tempo, nelle persone a lei più care e appartenenti al proprio vissuto, come per sigillare tra lei e loro una promessa di appartenenza, al di sopra di ogni percorso esistenziale prima che stilistico. Si potrebbe quasi definire una positiva ossessione per questo stile caratterizzante, per il quale Nadia riscopre se stessa, artista, madre e compagna, nel proprio indugiare ai fini di un realismo fin troppo esigente. Ma non appena la Petraitiene viene allontanata dal genere del ritratto, guidata da altri stimoli, attenta ai suggerimenti che provengono dall’esterno ma sempre pronta a scavare in profondità, perfino andando oltre ad un traguardo appena raggiunto, ella traccia diversamente il proprio segno, proprio adesso in maniera ancora più suadente, per raccontare immagini e momenti emozionali in tutta la più totale e assoluta onni-comprensibilità. Nadia Petraitiene va di fatto costituendo e qualunque sia il tema, forme-colore, ampie e sonore, che si susseguono sulla superficie in un’articolazione sintattica, generata lentamente dalla qualità dei colori adoperati, alla ricerca di sempre maggiore luminosità, il cui risultato riemerge nella sintassi e nella strutturalità intrinseche e oltresì endogene alle forme stesse.

Una sorta di poesia narrata attraverso campiture di colore, piatto oppure stratificato, come quando la stessa pennellata si fa più materica ed intransigente. Ne risulta un apparato segnico fortemente poetico, la cui componente naturalistica si trova adagiata su di una struttura cromatica sapientemente diluita nello spazio lirico della sua stessa tela. I lavori in mostra della Petraitiene, qualunque ne sia la tecnica, olio, acrilico od acquarello, presentano la prerogativa di porre in evidenza una totale armonia, passando attraverso il puro asservimento dialettico ed essenziale del pennello e della tela, diversamente definibili strumenti da lavoro. Qui con Nadia, dipingere non è un mestiere, ma il frutto più spontaneo, senza l’ausilio di fertilizzanti, di un volo impulsivo ed immaginario che l’artista compie e che termina nel luogo da cui è partito. E’ infatti l’artista stessa a tracciare una perfetta ellissi, tra la sua memoria -scandita più matericamente dalle proprie idee creative- e le forme essenziali del disegno, per confluire nella florida orchestrazione di tutti quegli elementi compositivi che risiedono nei propri lavori.

Libera da vincoli strutturali ed accademici, la Petraitiene realizza i propri universi evitando il peso storico del realismo, generando opere che nate dalla sua intima personalità, divengono racconto. In questo modo, esse rappresentano l’insieme di vicende, vissute recentemente ma maturate con coraggiosa severità, da un passato non troppo lontano. Nadia Petraitiene, ripropone sulle tele le stesse metafore delle esperienze di ieri, ma illuminate da una luce propria, senza l’uso di filtri né di espedienti artificiali. L’universo con cui l’artista si relaziona, non è infatti bidimensionale, ma al contrario è esteso in uno spazio ed in un tempo estraniati dalle convenzionalità. E tutto perché fortemente intriso di sentimento, che nulla tralascia come identico ad altro, perché altro significa soprattutto nuovo. Non c’è ripetitività nei soggetti dipinti da Nadia, nemmeno nella rappresentazione di uno stesso tema sulle diverse tele. Ciascuna immagine, che dalla memoria dell’artista si trasforma in opera, si nutre di una linfa vitale propria e inattaccabile, perfino senza tempo.

Ecco perché nel porsi di fronte ad una delle sue opere, ci si trova come presi in un inaspettato meccanismo, per cui catturato lo sguardo del fruitore, ne riempie lo spazio di attesa, provocando un piacevole sollievo determinato dalla continuità illusoria, che per l’assenza di brusche interruzioni lo fa risultare ancora più partecipe. Ci si trova così a contemplare il bello rappresentato sulla tela e a intessere un dialogo con lo spazio e gli oggetti che lo abitano. La Petraitiene diventa complice delle cose che la circondano e di cui vive, capace di ascoltarle anche nel loro sussurrare, comunque autentico e verace. Ecco la risposta per coloro che si domandano il perché di fronte ai lavori di quest’artista si percepisca l’idea di perfetto rigore, di una purezza mai scontata, ma in traboccante contrasto con le infinite intuizioni creative, che lentamente si appropriano delle sue stesse tele. Le lettere che compongono le frasi delle sue poesie, non hanno infatti un senso unilaterale, ma possono piuttosto essere rivissute poeticamente, non appena svuotate da quell’unico significato che è solo il frutto di una primitiva intuizione.

L’ordine, la composizione cromatica come anche quella strutturale, la luce e le atmosfere, sono le basi su cui Nadia Petraitiene ha radicato le sue motivazioni stilistiche, liberandole dal senso dell’effimero. Attraverso di queste, ella è riuscita a escogitare un proprio codice espressivo, del quale si è potuta perfino avvalere nel dare un senso a certe parole mai dette: armata di questo suo personale linguaggio, adesso Nadia Petraitiene può finalmente elaborare le infinite associazioni e concatenazioni dei segni come anche dei sensi, in questo loro perpetuo avvicendarsi metaforico.